Sono ormai passati ben quattordici anni da quando il termine “Inbound marketing” (coniato nel 2005 da Hubspot), ma soprattutto la filosofia che questo portava, rivoluzionarono il mondo del marketing digitale.
In questi anni il termine ha avuto una fortuna tale da diventare un approccio al marketing quasi universale e acquistare vita propria rispetto al famoso software americano che lo aveva coniato.
Conosci già l’inbound marketing?
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L’Inbound marketing ha rappresentato una vera e propria rivoluzione copernicana nel campo del marketing: se il marketing tradizionale (definito Outbound marketing) si basava essenzialmente sull’acquisto di database di contatti, annunci pubblicitari finalizzati a convincere l’utente sulla bontà del prodotto.. insomma sull’idea di catturare (in maniera più o meno corretta) l’attenzione degli utenti, l’inbound marketing si basa sul principio che se un brand produce contenuti di interesse per il proprio target di riferimento (contenuti non direttamente finalizzati a vendere il prodotto), saranno gli utenti stessi a cercare e seguire il brand e per estensione a desiderare i suoi prodotti.
Come dire che non è il sole che gira intorno alla Terra ma il contrario.
Nel passaggio dall’outbound marketing all’inbound marketing si prevede il passaggio da un marketing tipo “interruttivo” (interrompere la navigazione dell’utente per proporgli la nostra offerta) a un marketing “non interruttivo”, in cui gli utenti sono portati spontaneamente a cercarci.
Vedremo in seguito quanto questa distinzione sarà cruciale quando affronteremo i limiti di una strategia basata sull’Inbound marketing tout-court.
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L’inbound marketing prevede una serie di step fondamentali, attraverso i quali gli utenti estranei al nostro sito vengono dapprima attratti a visitarlo, diventano quindi visitatori, per poi essere condotti in un percorso che ha lo scopo di convertirli dapprima in contatti, poi in clienti e infine in promoter del nostro prodotto e della nostra azienda.
Le fasi canoniche dell’Inbound marketing sono state quindi così definite:
In questa prima fase lo scopo è appunto attrarre gli utenti verso il nostro sito e convertirli quindi in visitatori.
Attrarre tutti? No, attrarre possibilmente soltanto – o soprattutto – i nostri potenziali clienti. Come facciamo quindi, prima di tutto, ad attrarre utenti del web verso il nostro sito? Abbiamo detto che il tramite attraverso il quale le aziende attraggono visitatori, quindi potenziali clienti, sono i contenuti. Ma quali contenuti? Contenuti di valore. Cioè?
I contenuti di valore sono quelli che l’utente percepisce come utili.
La conversione rappresenta l’obiettivo principe del digital marketing: significa portare l’utente a fare un’azione utile ai nostri scopi di marketing. In questa fase il nostro scopo è convertire l’utente in contatto, ovvero convincerlo a lasciarci alcuni dati essenziali (almeno la email) attraverso i quali registrarlo nel nostro db e poterlo quindi contattare per proporgli i nostri prodotti o servizi./p>
Come lo convinciamo quindi? Siccome nessuno o quasi lascia i propri contatti in cambio di qualcosa, dobbiamo offrire al nostro visitatore qualcosa che per lui possa avere un valore.
Si può offrire:
Siamo a una fase decisiva: abbiamo acquisito dei contatti interessati al nostro business ma non tutti sono ancora convinti al 100% dell’acquisto. Come convincerli?
Abbiamo un recapito (sia l’indirizzo email o telefonico) attraverso cui comunicare con il nostro potenziale cliente, come sfruttare questa occasione? Offrendogli esattamente ciò di cui ha bisogno: informazioni aggiuntive che lo rassicurino e convincano ad acquistare il nostro prodotto.
Avvieremo allora una campagna di lead nurturing, ossia di informazione o educazione sull’argomento, in modo da dimostrargli che siamo competenti in materia e affidabili.
Il funnel di conversione dell’Inbound marketing non finisce come quello del marketing tradizionale con la vendita, si può quasi dire che il bello deve ancora arrivare.
Se la vendita resta comunque l’obiettivo finale, quello che produce fatturato, dai nostri clienti possiamo ottenere ancora di più: possiamo farli diventare ambasciatori e promotori del nostro brand e dei nostri prodotti. Come ottenere questo? Dobbiamo coccolarli, offrendo loro un servizo che si protrare oltre la vendita, creando un rapporto di continuità di valore. Cosa possiamo offrire loro quindi?
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In un mondo digitale in continua evoluzione, anche un concetto rivoluzionario come quello di Inbound marketing, viene oggi messo in discussione in virtù della mole di informazioni che è possibile raccogliere e delle nuove forme di interazione disponibili.
La crescita esponenziale del traffico da dispositivi mobili, la connessione permanente degli utenti alla rete, la gestione sempre più diffusa di ambiti della nostra vita tramite applicazioni mobile… ecc ecc, hanno mutato profondamente l’esperienza utente in rete.
In questo scenario è evidente che creare contenuti e aspettare gli utenti non è più sufficiente: occorre anche coinvolgerli con nuove forme di comunicazione, se non altro perché gli altri lo stanno già facendo con successo.
I siti web sono infatti sempre più dinamici, siti e app ci inviano notifiche push, offerte personalizzate in tempo reale e altri contenuti personalizzati, invitandoci ad un coinvolgimento (di qui il termine “engagement”) sempre maggiore.
Stiamo tornando all’outbound marketing?
Ni. Il precetto di rendere il più possibile pertinenti, personalizzati – in una parola interessanti – i contenuti da offrire al nostro target resta valido, ma a questo si può oggi affiancare una strategia di comunicazione più diretta, più coinvolgente… seppure più corretta ed “educata” di quella dell’outbound marketing.
Contenuti, certo, ma non solo. Molte aziende in questi anni, sulla scia del Verbo del Inbound marketing hanno investito molto nel Content marketing, pubblicando su blog e social aziendali contenuti anche di grande qualità, investendo sulla SEO e evitando accuratamente di “disturbare” i propri clienti e potenziali.
Purtroppo la qualità da sola non paga e tutto questo non si traduce automaticamente in acquisti.
Se è vero che i nostri utenti non vogliono essere disturbati, è altrettanto vero che apprezzano i contenuti e le offerte che vanno incontro ai loro interessi.
Il futuro, anzi il presente è qui: analizzare i comportamenti degli utenti e prevederne le richieste, le esigenze (magari utilizzando anche i più recenti strumenti di intelligenza artificiale), in modo tale da poter offrire loro esattamente ciò che cercano nel momento più opportuno, i una frase: prevedere un bisogno o un desiderio – conscio o inconscio – e offrire la risposta in grado di soddisfarlo.
Piattaforme alla base della nostra esperienza quotidiana sul web come Google, Facebook, lo stanno già facendo da tempo: utilizzano le nostre ricerche per proporci contenuti e offerte legate ai temi per i quali abbiamo dimostrato interesse.
Quindi pull – attrarre – con contenuti interessanti e ottimizzati, ma poi push – spingere – con approfondimenti e offerte personalizzate sulla base dei dati raccolti sulle preferenze espresse.
Come gestire questo complesso ma potente meccanismo e ottimizzare le conversioni?
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La Marketing automation risponde esattamente a queste nuove esigenze del marketing digitale, combinando in un unico software di digital marketing tutti gli strumenti di digital marketing necessari a gestire questa complessa mole di dati in modo organizzato.
Con la Marketing automation è possibile impostare azioni di marketing automatiche che si attivano al verificarsi di certe condizioni da noi stabilite e programmare così un’esperienza di navigazione ottimizzata per segmento di utenti.
Per un’analisi delle funzionalità più approfondita ti invitiamo a scaricare la nostra Guida alla Marketing automation oppure richiedi mezz’ora di consulenza gratuita.